Le Corti Rurali
La Corte Rurale, oltre ad aver svolto per secoli un compito essenziale per il funzionamento delle aziende agricole, è diventata un'immagine caratteristica del nostro paesaggio agrario, una testimonianza della civiltà contadina e insieme una componente preziosa del patrimonio storico-ambientale del luogo. Il Quattrocento ed il Cinquecento, durante il periodo della dominazione veneziana, furono dedicati alla costituzione dell'azienda agricola moderna, attuata attraverso l'accorpamento fondiario e l'erezione di corti rurali, all'eliminazione degli ultimi boschi e al dissodamento dei terreni. Durante il Seicento e il Settecento si svilupparono le coltivazioni che arrivarono a coprire l'80% del territorio, con i cereali tradizionali, ossia il frumento, la segala, il miglio e il granoturco, divenendo quindi l'elemento più caratterizzante di questo paesaggio agrario. Un contributo fondamentale per la conoscenza di questo importante patrimonio architettonico, storico e culturale è senza dubbio rappresentato dalla recente publicazione intitolata: SALIZZOLE - Storia, cultura e morfologia del territorio a cura del Prof. Remo Scola Gagliardi, edita nel 1998 per iniziativa dell'Amministrazione Comunale di Salizzole.

L'elegante facciata di villa Piccoli ora Zanetti dall'ampia loggia rivolta verso ponente. Da notare il salone al pianterreno con le pregevoli statue in tufo raffiguranti Diana ed Endimione, e la grande scala che porta ai piani superiori.
Il Mezzo Palazzo
La corte dominicale Turco-Valmarana, denominata Mezzo Palazzo, conserva tuttora non poche motivi di interesse come il fascino dell'incompiuto e il forte contrasto tra l'imponenza e la ricercatezza di alcune strutture e la modestia di altre. I portali d'ingresso del salone centrale lavorati a bugnato, il salone stesso che si estende su due piani con soffitto a travi e formelle dipinte a fresco, l'elegante scala esterna in cotto a due rami, la grandiosità della caneva, eccellono per dimensioni e tipologia sugli annessi fabbricati rustici. E' discretamente conservato l'apparato decorativo del soffitto ligneo nel quale una teoria di putti sorregge gli stemmi di alcuni casati imparentati con la famiglia, mentre le scene a trompe l'oeil che ornano le pareti sono alquanto deteriorate.

E' ipotizzabile che il primitivo progetto cinquecentesco, che prevedeva una sontuosa casa padronale, sia stato abbandonato per le difficoltà economiche in cui versava il ramo dei Turco di S. Fermo alle soglie del Seicento. Le stesse difficoltà si ripercossero sugli eredi e probabilmente costrinsero Giovanni Battista Turco a vendere l'immobile, nella seconda metà del secolo, ai patrizi veneti Valmarana, che proprio in quel periodo stavano espandendo i loro domini fondiari da Calcinaro verso Bionde di Visegna e Salizzole. Sappiamo con certezza che nel 1740 la corte apparteneva ad Antonio Valmarana che, in quell'anno possedeva a Bionde di Visegna una casa dominicale con 34 campi arativi e vignati. I Valmarana conservarono la proprietà di Mezzo Palazzo almeno fino al 1813, come è documentato dal Catasto Napoleonico. Verso la metà del secolo la tenuta viene acquistata da Cesare Bertoli.
Corte Dominicale Turco
L'antica Corte Dominicale Turco, ora Scipioni, che si trova nell'angolo sud orientale di Bionde, in via S. Giuseppe, si distingue ancora oggi per il maestoso portale voltato che si apre nella recinzione muraria e consente l'accesso all'ampio cortile. La casa padronale ha due facciate simmetriche scandite da sequenze di finestre ad arco che conservano le forme settecentesche; è affiancato da una barchessa a tre luci decorata con lesene. A destra dell'ingresso, prospiciente la strada, si erge l'antico oratorio privato dedicato a S. Giuseppe, decorato esternamente da semplici paraste in cotto.

La Giazara
Tra gli antichi olmi del brolo, a sud della corte, è ancora ben conservata l'antica giazara con le sue volte in cotto. Il manufatto, costruito con grande maestria, ha svolto le proprie funzioni fino ai primi anni del 900 quando cadde in progressivo disuso. La particolare disposizione delle lastre di ghiaccio, disposte su strati alternati di paglia che svolgeva la funzione di isolante termico, consentiva la conservazione del ghiaccio fino ad estate avanzata. Nel 1785, con la morte dei due figli di Giulio Cesare, Francesco e Giovanni Battista, la dinastia dei Turco di S. Fermo si estinse e la corte venne acquistata da Giovanni Battista Gaioni, che ne era proprietario nell'anno 1800, come indicato nel disegno di Antonio Serena di quell'anno, e che fu sepolto nella cappella di famiglia nel 1806. L'immobile passò poi in proprietà alla famiglia Canova e verso la metà del secolo ai Cartolari.

Corte Dominicale Campagna - Gaioni
La Corte Dominicale Campagna - Gaioni oggi di proprietà Scipioni, a Capo di Villa, apparteneva nel 1589 agli eredi di Girolamo Campagna, come è documentato dal "Campion delle Strade" dove si legge: "Una via comune.... che va a Concamarise, esce dai confini di Bionde ed entra in quelli di Salizzole di fronte (alle proprietà) degli eredi di Girolamo Campagna e a quelle di Tomaso da Vico". Nel 1653 il proprietario era Giovanni Battista Campagna, poi l'immobile venne ereditato da sua figlia Caterina, maritata Bojani che, a sua volta, la lasciò alla figlia Lavinia, la quale si era riunita in matrimonio con Girolamo Boldrini. Nella prima metà del secolo successivo la corte e gran parte dei beni Bojani di Bionde e Salizzole, furono acquistati dalla famiglia Gaioni. I marchesi Gaioni, prima con Angelo e poi con i suoi due figli Alessandro e Giovanni Battista, mantennero la proprietà della corte fino alla seconda metà dell'Ottocento. L'imponente edificio a sviluppo orizzontale, che costituisce la parte residenziale della corte, trova motivi di particolare interesse nella componente decorativa settecentesca. I profili a bugnato del piano terra, la balaustra in pietra e le cornici arcuate che ornano le finestre del primo piano, conferiscono a entrambe le facciate un aspetto ricercato ed elegante, abbastanza raro nelle dimore di campagna.
Corte Dominicale Campagna
La Corte Dominicale Campagna in Via Bionde, proprietari attuali le famiglie Chiaramonte e Scipioni. Nel 1581 Girolamo Campagna propose ai Provveditori sopra li Beni Inculti di irrigare un appezzamento di terra, situato di fronte alla sua corte sul lato destro della Chiesa Parrocchiale, utilizzando l'acqua proveniente dalla Sanuda. Tale iniziativa prova che i Campagna di S. Pietro Incarnario erano insediati in questa corte già da tempo. Nel 1653 vi abitava Laura Becelli, vedova di Perseo Campagna, figlio di Girolamo. Oltre alla corte con casa padronale essa possedeva a Bionde 60 campi. Una descrizione più completa della tenuta è quella che ci propone Lodovico Campagna, figlio di Perseo e residente nella contrada veronese di S. Pietro Incarnario, nel 1696:
"Una possessione in villa di Bionde con Casa Dominicale e parte rusticale de campi 48, 10 prativi e gli altri con vigne e morari quali pagano la decima. Tengo a mia mano e si può cavar d'entrata d. 80". Il fondo venne ereditato dai nob. Perseo e f.lli Campagna, figli di Lodovico, che nel 1740 disponevano a Visegna "della Casa Dominicale con c. 4 prativi serrati di muro e fosso", di un'altra casa, di due casotti e di c. 60. Nel 1813, quando apparteneva a Gianbattista Campagna, l'antica casa padronale era classificata come "casa da massaro" e nel 1849, quando era intestata al conte Girolamo Campagna, figlio di Luigi, come "fabbricato per azienda rurale". Nel 1863 la corte e l'annesso fondo di c. 85 vennero trasferiti a nome di Girolamo e Paolina Campagna. Quest'ultima si unì in matrimonio con Giorgio Portalupi e portò la proprietà della tenuta nel patrimonio dei Portalupi. Con un testamento del 1873 Paolina nominò erede dei suoi beni il figlio conte Giulio Portalupi; tali beni passarono nel 1890 in proprietà alla contessa Maria Giustiniani Barbarigo, moglie di Giulio. L'anno successivo vennero acquistati da Stefano Chiaramonte. Una bella visione prospettica eseguita da Antonio Benoni nel 1685 mostra la corte tutta recintata di muro e divisa in due parti da un muro interno. Nella parte settentrionale, di fronte alla Chiesa Parrocchiale, sono compresi la casa padronale con torre colombara verso la strada e un piccolo edificio rustico, ambedue disposti sul lato nord, e la barchessa con un'altra torre colombara posizionata sull'angolo sud-ovest. La parte recintata meridionale è priva di fabbricati. La planimetria realizzata da Marco Cristofoli nel 1801 conferma la stessa disposizione. Queste testimonianze cartografiche, le definizioni contenute nei catasti Napoleonico e Austriaco e le osservazioni stilistiche che si possono fare oggi, suggeriscono l'ipotesi che l'antica casa padronale vada identificata con l'edificio di belle forme cinquecentesche e con il maestoso portale a bugnato, mentre il corpo dei fabbricati ad esso adiacente sormontato da merlature, con portali ogivali e includente un torrazzo di pianta circolare, sia il frutto di una ricostruzione in stile neogotico-castellano eseguita secondo il gusto imperante nella sesta e settima decade dell'Ottocento. Anche la torre prospiciente la strada, con il coronamento ad archetti e merlato, tradisce l'intervento di sopraelevazione di gusto neomedievale e comunque il complesso edilizio rappresenta un interessante e insolita trasformazione di un'antica "casa da paron" in una residenza di villeggiatura realizzata dai Portalupi nella seconda metà dell'Ottocento quando ne entrarono in possesso.


La chiesa parrocchiale
Il territorio di Bionde di Visegna non manca di interessanti espressioni artistiche, identificabili particolarmente in alcune tele e pale d'altare conservate nella chiesa parrocchiale. Nella chiesa di Bionde si possono ammirare le opere di alcuni dei maggiori artisti veronesi del Cinquecento o del primo Seicento come Giovanni Francesco Caroto, Felice Brusasorzi, Zeno Donisi.

